Sono circa 500mila contratti che si trovano sulla linea di confine tra attività autonoma e lavoro subordinato. con il 2016, il decreto legislativo 81 , dal 25 giugno scorso ha cancellato le collaborazioni a progetto, mantenendo in vigore le vecchie regole solo per i contratti in vita fino alla loro scadenza. Il Decreto in questione da quest’anno incentiva la “stabilizzazione”, cioè l’assunzione con contratto a tempo indeterminato, dei co.co.co (anche a progetto) e dei titolari di partita Iva, con i quali siano in corso collaborazioni che non rispettano i nuovi canoni, cioè l’autonomia del lavoratore nell’organizzare la propria attività, in cui il committente non può entrare. Se lo fa, scatta la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Prendiamo il caso di un’azienda che ha un co.co.pro per lo sviluppo di un nuovo software. Il collaboratore – pur agendo in totale autonomia organizzativa e senza essere soggetto ad alcun potere direttivo – svolge larga parte dell’attività negli uffici della committente con un orario sostanzialmente fisso. Disco verde nell’ambito della vecchia normativa, purché l’attività sia liberamente organizzata, ma ora, con il decreto 81, questa situazione è da semaforo rosso e ricade nella tutela della subordinazione perché luogo e tempo sono definiti dal “datore”.
Per l’assunzione in pianta stabile c’è comunque una contropartita che sta nell’«estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all’erronea qualificazione del rapporto di lavoro». Una ciambella di salvataggio che porta in dote -anche se resta qualche dubbio interpretativo al riguardo – l’esonero contributivo previsto dalla legge di Stabilità 2016 (n. 208 del 28 dicembre 2015 che prevede un taglio del 40% dei contributi per 24 mesi, con il tetto annuo di 3.250 euro).
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Come per ogni buona regola che si rispetti, non mancano le eccezioni: la nuova disciplina non si applica alle collaborazioni espressamente previste e disciplinate da accordi collettivi nazionali (ad esempio nei call center), quelle prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione ad albi, agli amministratori di società e sindaci (circa 500mila iscritti alla gestione separata), alle collaborazioni rese a fini istituzionali per associazioni ed enti sportivi.
Esclusi anche i co.co.co della pubblica amministrazione, ma solo per quest’anno: dal 2017 infatti entreranno nel gruppo di “sorvegliati speciali”.
Ma come si realizza la sanatoria? Punto primo: i lavoratori interessati dovranno sottoscrivere un verbale di conciliazione in una delle sedi “protette” (sindacato, direzione territoriale del lavoro, collegi di conciliazione e arbitrato, e così via).
La seconda condizione è che nei dodici mesi successivi all’assunzione i datori di lavoro non recedano dal rapporto, se non per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
Il verbale di conciliazione dovrà poi contenere una rinuncia a qualsiasi pretesa riguardante la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro.
Il lavoratore potrà essere assunto con orario ridotto o a tempo pieno, mentre il beneficio non sarà riconosciuto in caso di contratto a termine, voucher o lavoro intermittente.
Non è previsto un arco temporale di efficacia della procedura: questa potrà essere dunque usata dai datori di lavoro privati per ottenere la “sanatoria” senza limiti di tempo. Attenzione, però, non ci saranno “condoni” in caso di ispezioni che accertino gli illeciti, quindi se a carico dell’impresa sono già state riscontrate delle irregolarità, la successiva assunzione non serve a sanarle.
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Fonte: Il Sole 24 ore