Sebbene l’attenzione mediatica si sia principalmente concentrata sulle modifiche apportate dal Decreto Dignità ai rapporti di lavoro a termine e in somministrazione, il disposto normativo ha impatto anche sulla disciplina dei licenziamenti.
In linea generale Il DL 87/2018 conferma l’impianto normativo previsto dal Jobs Act in tema di licenziamenti, con la scelta di ridurre i casi di applicazione della reintegra e si limita ad aumentare la misura minima e massima dell’indennità risarcitoria in caso di licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo e soggettivo.
Le modifiche pertanto riguardano le ipotesi nelle quali si applica la sola tutela risarcitoria, mentre non interessano i casi di nullità del licenziamento o di insussistenza del fatto materiale contestata al lavoratore, per i quali già era prevista e continua ad applicarsi la sanzione della reintegrazione nel posto di lavoro unitamente al pagamento di un’indennità risarcitoria.
Licenziamento illegittimo e indennità risarcitoria
La legge 96/2018 ha previsto, all’articolo 3, una ridefinizione dell’indennità risarcitoria prevista in caso di verifica da parte di un giudice della illegittimità di un licenziamento comminato ad un lavoratore assunto a tempo indeterminato (articolo 3, comma 1, del Decreto Legislativo n. 23/2015), con un impatto diverso a seconda delle dimensioni aziendali.
Per le grandi imprese (con più di 15 dipendenti, secondo i requisiti dimensionali di cui all’art. 18, comma 8 e 9, L. n. 300/1970), l’importo minimo del risarcimento del danno sale da 4 a 6 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio e l’importo massimo sale da 24 a 36 mesi, fermo restando il criterio di calcolo (2 mensilità per ogni anno di anzianità aziendale).
Per le piccole imprese (con meno di 16 dipendenti, secondo i requisiti dimensionali di cui all’art. 18, comma 8 e 9, L. n. 300/1970), il risarcimento minimo sale da 2 a 3 mensilità, fermo restando il criterio di computo (1 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio); resta invariato anche il tetto massimo di 6 (invariato) mensilità.
Le nuove regole non hanno efficacia retroattiva e quindi si applicano solo ai licenziamenti intimati dal 14 luglio 2018.
Pertanto per i lavoratori assunti a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015 restano in vita le norme dell’articolo 18, come modificate dalla legge Fornero del 2012.
L’indennità risarcitoria, così come prescritta, non si applica anche ai licenziamenti discriminatori e nulli (esempio, intimati in forma orale), ciò in quanto ad essi si applica la reintegrazione piena, così come prevista dall’articolo 2 del decreto legislativo 23/2015.
Offerta conciliativa
In fase di conversione, il legislatore ha previsto anche una modifica all’articolo 6 del Decreto Legislativo n. 23/2015, per quanto attiene all’importo da erogare in caso di soluzione bonaria attraverso l’emissione di un verbale di conciliazione.
In questo caso la somma, di una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, passa ad un minimo di 3 ed un massimo di 27 mensilità. L’importo dovrà essere erogato, dal datore di lavoro, unicamente mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare.
Il datore di lavoro può offrire al lavoratore licenziato, entro i termini di impugnazione stragiudiziale (60 giorni dalla ricezione della comunicazione scritta del licenziamento) e mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare, un importo di ammontare pari ad una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio.
Nel dettaglio:
– in misura non inferiore a 3 e non superiore a 27 mensilità per le aziende oltre i 15 dipendenti (requisito dimensionale previsto dall’articolo 18, commi 8 e 9, dello Statuto dei Lavoratori)
– in misura non inferiore a 1,5 e non superiore a 6 mensilità per le aziende sotto i 16 dipendenti
La somma non è assoggettata a contribuzione previdenziale ed è esente da IRPEF. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa, a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro, saranno soggette al regime fiscale ordinario.
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